lunedì 31 marzo 2008

1860: MACCHE' GARIBALDI! LA SICILIA VENNE INVASA, OCCUPATA E COLONIZZATA DAGLI ANGLO-PIEMONTESI. E' IL NOSTRO PASSATO CHE NON PASSA. E' TEMPO DI FARLO

FALSE FLAG SULL'ISOLA CONTESA

La cosiddetta Impresa dei Mille copriva la conquista coloniale anglo-piemontese delle Due Sicilie. Garibaldi fu solo uno degli attori, e manco il più importante.
Che ci fossero in mezzo anche qualche decina di siciliani, più o meno convinti, importa ancor meno. Del ruolo e della funzione di Crispi, il Macellaio di Ribera, ci occuperemo in seguito. E senza appello.
Non ha alcun senso storiografico il sopravvalutare, nel bene e nel male, il ruolo di un qualunque individuo in fatti di grande portata.
Nè conta men che zero il suo luogo di nascita. Dell'individuo se ne può rilevare la sola funzione accessoria al fatto storico.
Altra cosa ancora è la costruzione del mito. E il mito dell'Eroe dei Due Mondi è un caso da manuale che va affrontato con gli strumenti dell'indagine critica applicata allo Spettacolo delle Ideologie. Perfino l'Opra dei Pupi venne stravolta per far largo a Don Peppino. Ne parleremo in seguito.
Quali siano stati, nella lunga durata, gli effetti della distruzione, annessione e fagocitazione delle Due Sicilie a una entità statuale il cui baricentro politico-economico non s'è mai mosso dalla Padania... ci pare siano sotto gli occhi di tutti, e il "1860" è una Catastrofe che agisce sul Presente. Facciamo parlare i Fatti.

La cosiddetta "Impresa dei Mille" fu nient'altro che una riuscita operazione di copertura della conquista coloniale anglopiemontese delle Due Sicilie.
In termini tecnici questo tipo di operazioni si chiamano false-flag, falsa-bandiera.
Chiediamoci piuttosto perchè -dopo quasi un secolo e mezzo- sia sostanzialmente vietato raccontare nelle scuole la Verità Siciliana sui fatti del 1860.
Quanti insegnanti delle nostre scuole, per dirne solo una, sanno che l’8 maggio del 1860 Garibaldi, già mercante di schiavi, e i suoi, in navigazione verso Marsala, fecero sosta a Talamone, in Toscana: e qui si allenarono in saccheggi e violenze in attesa di imbarcare circa 2.000 finti "disertori" dell'esercito piemontese?. E' solo un dettaglio, nè può bastare questo spazio a raccontare tutto.
Un immenso Archivio di documenti -che studiamo da anni- lo dimostra in forme scientificamente inconfutabili.
Dietro i "Mille" avanzava nell'ombra un corpo di spedizione di 22.000 militari, sostenuto dagli inglesi, e costituito da tagliagole ungheresi e... zuavi, già mercenari di Parigi nell'esportazione della civiltà nei villaggi dell'Algeria e sui monti della Kabilya; nonchè da soldati e carabinieri piemontesi, momentaneamente posti in 'congedo', e riarruolati come 'volontari' nella missione d'invasione...
Gli "inglesi" dovevano distruggere la grande flotta mercantile delle Due Sicilie, in vista dell'apertura del Canale di Suez: l'unico potenziale concorrente -dalla Cina alle Americhe- venne pugnalato alle spalle.
I "piemontesi" dovevano svuotare le ricche casse delle Banche delle Due Sicilie, per pagare i loro debiti contratti a Genova, a Londra, a Parigi...
Tutti dovevano distruggere la nascente industria delle Due Sicilie, per trasferirla in Paludania, come dice il nostro maestro Nicola Zitara.
Ma soprattutto dovevano "controllare" le 412 miniere siciliane di zolfo, il petrolio del tempo, senza il quale nè industria nè flotta militare di Sua Maestà britannica avrebbero potuto dominare il Mondo per un secolo. Ci hanno fottuti.

Bloccata la Russia al di là del Bosforo (Guerra di Crimea 1852-1856), nel 1860 la massoneria inglese muove contro le Due Sicilie i pupi piemontesi e garibaldeschi, nonchè un corpo di spedizione coloniale mercenario: ungheresi, zuavi, polacchi, indiani... assoldati e pilotati a distanza da Londra. Mentre fu la Francia a sostenere l’espansione piemontese in Padania, in funzione anti-austriaca.
Giova ricordare che l'Impero inglese, alla metà dell'Ottocento, fu impegnato in una serie di guerre contro determinati Stati: Regno delle Due Sicilie, Paraguay e gli stessi USA, che avevano deciso di seguire uno sviluppo autocentrato, sviluppando l'industria locale e rafforzando la propria agricoltura e il proprio commercio tramite l'applicazione dei dazi.
Ciò avrebbe permesso lo sviluppo economico, pur restando al di fuori dell'influenza bancario-finanziaria e, quindi, politica di Londra.
L'impero britannico reagì, a tali comportamenti, creando operazioni tipo False Flag (Falsa Bandiera): come quella dei "Mille". E ci andò meglio che in Paraguay, dove una coalizione militare pilotata da Londra si risolse con la distruzione fisica del Paraguay e della sua popolazione maschile. Alla fine si ebbe un rapporto di otto donne per ogni uomo.
L’operazione di false flag dei garibaldeschi venne finanziata dalla massoneria inglese con una cassa di piastre d'oro turche (moneta franca nel Mediterraneo del tempo) pari a molti milioni degli attuali dollari.
Il resto lo rapinarono strada facendo, dopo esser entrati a Palermo con l’aiuto della Maffia (mafia). Tempo dopo, il cassiere della spedizione, Ippolito Nievo, e i registri contabili, vennero fatti sparire nel nulla.
Le navi militari inglesi, "casualmente" alla fonda in Marsala, con uno stratagemma protessero lo sbarco dei "Mille". Era l’11 Maggio 1860.
I "Mille" si trovarono la via aperta dalla corruzione mirata dei vertici militari del povero Re delle Due Sicilie, e servirono da copertura allo sbarco di un imponente Corpo di Spedizione anglo-piemontese (22.000 soldati, tra cui vere e proprie "legioni straniere" di tagliagole ungheresi e zuavi).
Basta dire che il 14 Maggio, Garibaldi e i generali borbonici Landi e Anguissola si incontrano in segreto per concordare il tradimento. Dove? A bordo di una nave ammiraglia inglese!.
Gli obiettivi strategici erano chiari, e può anche darsi che Garibaldi non li conoscesse. Non abbiamo mai detto che fosse una persona intelligente, nè ci interessa saperlo.
Gli obiettivi di Londra più che di Torino erano chiari:
1-distruggere, peraltro illegalmente, lo Stato sovrano delle Due Sicilie, a partire dalla sua grande flotta commerciale (la terza del Mondo), in vista dell'apertura del Canale di Suez.
2-controllare gli zolfi, che facevano della Sicilia la Miniera del Mondo: erano "i solfi siciliani" a muovere l'industria e la flotta d'Inghilterra e non solo.
3-saccheggiare l'oro e l'argento delle Due Sicilie: prima con la rapina in piena regola, poi con la requisizione dei beni ecclesiastici -in gran parte frutto delle donazioni delle famiglie al figlio monaco- e con l'astuzia del corso forzoso, con la quale si rastrellò la grande massa monetaria metallica circolante nelle Due Sicilie in cambio di pezzi di carta con su stampata l’effigie del Re savoiardo.
Questo doveva accadere senza "dichiarare la guerra", dunque nel caos, con la corruzione, l'ipocrisia, l'inganno. E accuddhì fu. Chi si oppose venne chiamato brigante e fucilato senza tanti complimenti. Benvenuti in Italia.

La Sicilia fu saccheggiata. Per due anni posta in “stato d’assedio” con tanto di blocco navale anglopiemontese a cui fecero seguito mirate misure “protezionistiche” che ne devastarono l’economia tutt’altro che povera. Se nella Piana di Catania venne spazzata via l’industria della canapa e del lino, perfino l’armatore palermitano Florio venne costretto a farsi cooptare dalla compagnia di navigazione del genovese Rubattino, lo stesso che fornì le navi ai garibaldeschi.
Una minoranza di isolani venne intanto cooptata nel nuovo sistema e usata contro il Popolo siciliano, dando vita, come in tutte le colonie, a uno strato sociale parassitario e collaborazionista, che può "fare carriera" purchè operando in nome e per conto di chi sfrutta la nostra Isola.
Questo schema di ingegneria sociale è antico almeno quanto la Roma imperiale. E la nostra Sicilia l'aveva "sperimentato" sulla sua pelle, dopo la sconfitta del partito indipendentista dei siculo-catalani, anche nel Cinquecento della dominazione castigliana, sebbene vi attecchì meno in profondità di quanto una storiografia pigra e neocoloniale ci abbia fatto credere.
Nè va sottovalutato quel conflitto secolare che contrappose la Sicilia e Napoli, che aveva comunque minato le fondamenta di quella costruzione statuale.
Ad ogni modo, per capire la Sicilia di oggi occorre aver chiaro cosa accadde nel 1860, perchè quel "passato" non è ancora passato. Poi parliamo del seguito. A partire dalle operazioni occulte della cosiddetta Banca Nazionale, dei Bombrini, dei Balduino, dei Sella... perchè è sulla Questione bancaria e sulla Speculazione ferroviaria, oltrechè sulle rimesse degli emigrati, che si giocarono in combinazione il decollo padano e l'affossamento definitivo delle ex-Due Sicilie, oggi chiamate Mezzogiorno: patria dei "mezzogiornali".

Alcuni fatti. Le due famose navi piemontesi furono avvistate con "ritardo" dalle navi borboniche. Erano in servizio in quelle acque la pirocorvetta Stromboli, il brigantino Valoroso, la fregata a vela Partenope (comandata dal traditore capitano Guglielmo Acton) ed il vapore armato Capri. Avvistarono i garibaldini la Stromboli e il Capri.
Quest’ultimo era comandato dal capitano Marino Caracciolo che, volutamente, senza impedire lo sbarco, aspettò le evoluzioni delle cannoniere inglesi Argus (capitano Winnington-Inghram) e Intrepid (capitano Marryat), che erano in quel porto per proteggere i garibaldini. Solo dopo due ore il Lombardo, ormai vuoto, fu affondato a cannonate, mentre il Piemonte, arenato per permettere piú velocemente lo sbarco, venne catturato e rimorchiato inutilmente a Napoli. Roba da film tragicomico...che la RAI non produrrà mai.
A Marsala parte della popolazione si chiuse in casa, altri fuggirono nelle campagne. I garibaldini, accolti festosamente solo dagli inglesi, per prima cosa abbatterono il telegrafo, poi alcuni si accamparono nei pressi della città praticamente vuota, mentre Garibaldi, temendo la reazione popolare si rifugiò con altri nella vicina isola di Mozia. Ce lo dice il nostro Antonio Pagano. Il seguito dell' "Impresa", da Calatafimi in poi, è una farsa militare resa possibile dalla corruzione mirata dei vertici dello Stato delle Due Sicilie, realizzata alle spalle del suo leggittimo e ingenuo Re.

E ora dovremmo anche stare zitti e celebrare non Spartaco, ma “un Garibaldi qualunque”, come ebbe a dire, anni dopo, il vecchio Karl Marx, allorquando la massoneria inglese accolse il suo Eroe in pompa magna tra ali di folla ubriaca.
Già nel luglio 1866 cinque grandi banche londinesi, insieme al Banco di Sconto parigino, operanti in India e Cina, annunciavano che non avrebbero più trattato cambiali “che non fossero emesse a più di quattro mesi vista”. (K.Marx, Il Capitale-Il Tempo di Circolazione).
Si preparavano all’apertura del Canale di Suez che, accorciando Tempo e Spazio tra Occidente e Oriente, dischiudeva la via ai conflitti coloniali dell’Avvenire.
Di questi conflitti coloniali le nostre Due Sicilie furono le prime vittime.

(M.Di Mauro, A.Lattanzio, P.Altimari, N.Zitara).

mercoledì 19 marzo 2008

LA SICILIA: REGIONE O "COLONIA" D'ITALIA ?


Come tutti sanno, la Sicilia è diventata "Regione a Statuto Speciale" il 15 maggio 1946, in altre parole quando l'Italia era ancora un Regno, e non una Repubblica; e il suo decreto istituzionale non fu firmato da un Presidente della Repubblica, bensì dal principe Umberto di Savoia, Luogotenente del Regno d'Italia per il padre Vittorio Emanuele III. Questa priorità storica della "Regione Siciliana" è dimostrata proprio dalla sua denominazione, che adoperava l'aggettivo "Siciliana", mentre tutte le altre regioni italiane vengono contrassegnate dal proprio sostantivo, per questo abbiamo la "Regione Lazio", la "Regione Puglia", e così via. Il decreto-legge relativo, approvato il 15 maggio 1946 con la legge n. 455, fu pubblicato sulla "Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana" del 10. giugno 1946; e risulta composto da 41 articoli, di cui, purtroppo, i più importanti e i più determinanti, o non sono stati mai applicati, oppure sono caduti nel dimenticatoio, dopo una temporanea applicazione. È stupefacente costatare come lo Statuto Regionale Siciliano sia stato progressivamente svuotato di valore e di significato, proprio nelle sue principali prerogative. Infatti:1) L'art. 25 prescriveva che, in Sicilia, fossero abolite le province con i loro organi amministrativi; e che al loro posto fossero istituiti i "Liberi Consorzi di Comuni". Questo articolo non è stato mai applicato e tutto è rimasto come prima. 2) L'art. 21 disponeva che il Presidente della RS partecipa con rango di Ministro al Consiglio dei Ministri, con voto deliberativo nelle materie che interessano la RS. Questo articolo non è stato mai applicato e quando recentemente il Presidente Giuseppe Provenzano tentò di farlo valere, gli furono letteralmente chiese le porte in faccia. 3) L'art. 24 prevede l'intervento giuridico di una Alta Corte di Giustizia, per decidere della costituzionalità delle leggi riguardanti la Sicilia ed emanate tanto dallo Stato, quanto dalla Regione stessa. Questa Alta Corte fu Costituita e funzionò per qualche tempo, ma poi scomparve senza lasciare traccia. 4) L'art. 31 disponeva che il Presidente della Regione Siciliana fosse il "Capo della Polizia di Stato nell'ambito della Regione", con il diritto di decidere la rimozione dei funzionari di polizia in Sicilia o il loro trasferimento fuori della Sicilia, ma questo articolo non è stato mai applicato, 5) L'art. 38 dispone che lo Stato "verserà annualmente alla Regione Siciliana, a titolo di solidarietà nazionale, una somma da impiegarsi in lavori pubblici. Questo articolo funzionò per qualche tempo; poi, non se ne è saputo più nulla. 6) L'art. 40 dispone l'istituzione per il Banco di Sicilia di Palermo, di una "Cassa di Compensazione", allo scopo di destinare ai bisogni della Regione Siciliana le valute estere, provenienti dalle esportazioni siciliane, dalle rimesse degli emigranti, dal turismo e dal ricavo dei noli di navi iscritte bei compartimenti siciliani. Questo articolo non è stato mai applicato. Come si vede, nessuno degli articoli, veramente determinante per lo sviluppo e per l avita stessa della RS risulta oggi applicato e lo Statuto Regionale risulta quindi svuotato di reale efficacia, degradandosi ad inutile e derisorio "pezzo di carta". Ma c'è di più. Nel suo oltre mezzo secolo di vita, dal 1946 ad oggi; la "Regione Siciliana a statuto speciale" non è riuscita: - A completare l'autostrada A 20 (Palermo - Messina), che da oltre trent'anni è interrotta nel notevole tratto che va da Sant'Agata di Militello (Messina) a Cefalù (Palermo), con gravi disagi per il turismo e per i trasporti. - A far funzionare il "Casinò di Taormina", autentico polmone per il turismo e per l'economia siciliana, che è stato chiuso "per ragioni morali, dato che si trattava di gioco d'azzardo", mentre in Italia funzionano allegramente ben cinque Casinò: due a Venezia ed uno ciascuno a San remo, a Saint Vincent e a Campione d'Italia. - A garantire l'attività autonoma degli istituti bancari siciliani, che sono stati tutti accorpati, e cioè assorbiti da istituti bancari del Nord (anche piccole banche locali, anche la Banca del Monte S. Agata" di Catania, o la "Cassa di San Giacomo" di Caltagirone, o la "Banca Santa Venera" di Acireale, sono diventate tutte filiali del "Credito Valtellinese". (Se fosse avvenuto il contrario, ci potete scommettere che si sarebbe parlato di "mafia".) - Ad assicurare alla Sicilia, che produce e raffina il 70 per cento della benzina italiana, i privilegi fiscali di cui, in questo campo, gode la Val d'Aosta, che di petrolio non ne produce, e non ne raffina nemmeno una goccia e lascia volentieri l'inquinamento alla Sicilia. - A creare una "coscienza regionale" in Sicilia, perché la Sicilia è l'unica regione "a statuto speciale" a non avere nelle sue scuole elementari e medie un insegnamento di "Cultura Regionale " e vale a dire storia, economia, geografia, letteratura e folklore regionali, che invece esiste, e dal 1958, dalla terza elementare alla terza media nelle altre quattro regioni "a statuto speciale", e cioè in Sardegna, in Val d'Aosta, in Trentino-Alto Adige e in Friuli-Venezia Giulia.(...) Da quanto ho sopra specificamente documentato, è sorta in me la convinzione che la Sicilia non è affatto una regione, ma soltanto una colonia d'Italia e sarò lieto di essere smentito.
Santi Correnti - Direttore Onorario dell'Istituto Siciliano Di Cultura Regionale - Catania

lunedì 17 marzo 2008

E'ORA DI FERMARE LA RAPINA PETROLIFERA AI DANNI DELLA SICILIA!

LO STATO CENTRALE DEVE RESTITUIRE AL POPOLO SICILIANO MILIONI DI MILIONI DI EURO! NO ALLE ELEMOSINE DEI "BUONI-BENZINA"! I POLITICANTI PRIVI DI FANTASIA, FECENDO PIU' DANNO DELLA MAFIA, HANNO APERTO LA LORO CAMPAGNA ELETTORALE SOLLEVANDO LA "QUESTIONE PETROLIO". PEGGIO PER LORO: ORA DEVONO DIRE PERCHE' SONO STATI ZITTI PER 40 ANNI MENTRE LA TERRA DI SICILIA VENIVA INQUINATA, LA GENTE DI SICILIA MORIVA PER CANCRO E IL SISTEMA-SICILIA PERDEVA OLTRE 30.000 MILIARDI ALL'ANNO DI ENTRATE FISCALI! Da decenni il sistema-Sicilia -(bruciandovi anche il 50% delle proprie risorse idriche: e poi "manca l'acqua"!)- produce il 70% dei derivati petroliferi "made in Italy". Per tale ragione e per legge costituzionale -(Statuto di Autonomia, conquistato dal Movimento per l'Indipendenza nel 1946)- il fisco italiano deve al Sistema-Sicilia oltre 20.000,00 milioni di EURO all'anno! Questo è quanto i Siciliani riceverebbero, senza clamori, in un "paese normale", dove le Leggi sono Leggi e l'Aritmetica è una scienza esatta e non una opinione su cui fare "tribune politiche". Se queste "norme costituzionali" le avessero avute in Lombardia (dove, peraltro, le Multinazionali petrolchimiche pagano buona parte delle loro tasse, avendovi la "sede legale"!!!) forse Bossi sarebbe ancora un attempato studente fuoricorso e non il coccobello di chi "scende in Sicilia" a rastrellare milioni di voti non si bene in cambio di quale radioso avvenire (un milione di posti di lavoro in...Padania?). In Sicilia, dove la malanova coloniale soffia da secoli, le cose si misero storte fin dall'inizio, da quando il cav. Moratti impiantò la prima raffineria ad Augusta, pagando lire 500 al mq per l'occupazione del suolo (la tariffa non mi pare abbia subito variazioni, almeno fino all'altranno!!!). Ma se le Multinazionali petrolchimiche dominano la nostra Isola quasi avessero un "salvacondotto" per inquinare, depredare e uccidere, è anche perchè pochi sono i veri Uomini e Donne d'Onore autentico rimasti ancora in piedi, in mezzo alle rovine coloniali di antichi e vivaci borghi e città, ridotti oggi ad anemico ammasso di case intorno a un supermercato, senza Identità autentica nè Avvenire.Terra di Nessuno. Neanche gli "indiani delle riserve" si accontenterebbero oggi di uno "sconto sulla benzina" (che ci spetterebbe lo stesso) a fronte di un danno che supera il milione di miliardi (migliaia di morti per cancro e veleni esclusi!). I conti, anche morali, vanno fatti bene: riempiendo le piazze, acquistando mille spazi pubblicitari sui maggiori giornali e TV del Mondo e ingaggiando 4 avvocati di New York per fare causa alle Multinazionali e allo Stato italiano. Questo farebbe un "popolo civile", impugnando la propria Bandiera in nome della Verità, della Giustizia, della Civiltà. Della propria Salute, fisica e interiore.
Mario Di Mauro

sabato 15 marzo 2008

NORD LADRONE

Speriamo di non essere equivocati dando l'impressione di essere campanilisti oltre ogni limite se proviamo a ridimensionare uno slogan storico della Lega Nord, cioè "Roma ladrona". Senza voler minimamente denegare le tante cancrene del Sud, troviamo insopportabile la spocchia di tanti nordisti che ancora oggi insistono con i soliti luoghi comuni sul parassitismo dei meridionali assolvendosi per le loro gigantesche magagne. Ultimo, il caso Telecom, un intreccio di interessi occulti tra pubblico e privato nonché di cattiva gestione di un colosso della telefonia che si ritrova con il bilancio in rosso nonostante imponga le tariffe più pesanti. Ed è ancora tutto da chiarire fra l'altro il torbido affare delle intercettazioni illegali di cui gli amministratori della Telecom si dicono all'oscuro. E' altrettanto vero che qualcosa non ha funzionato quanto meno sul piano della vigilanza tecnica. E' un settore quello della telefonia che sta drenando capitali immensi, specialmente quella mobile, che incide fortemente sui bilanci delle famiglie a causa dei costi eccessivi che nessun governo, di destra o di sinistra, ha tentato di far ridurre. Capitali enormi che vanno a concentrarsi in poche privilegiatissime mani nel solito contesto economico-finanziario che vede il Sud nel solo ruolo di area di consumo. Roma ladrona, certo. Ma sta di fatto che la Fiat ha scaricato per decenni le sue perdite sul bilancio dello Stato attraverso un uso continuo ed eccessivo della Cassa integrazione. E la Fiat non è certo la sola industria, diciamo così, protetta del Nord Italia. Ci sono poi certi eminenti personaggi che al timone di imperi finanziari si sono avventurati in investimenti spericolati con conseguenti clamorose bancarotte. Personaggi prima osannati fino al leccaculismo e poi caduti in disgrazia nell'ambito di foschi scenari che fanno impallidire quelli delle mafie tradizionali. La grande stampa, a sua volta, essendo in gran parte controllata dai padroni del vapore, anestetizza l'opinione pubblica facendo apparire certe operazioni di banditismo finanziario come semplici incidenti di percorso, mentre di contro suona la grancassa sui fattacci del Meridione. Il che potrebbe anche andarci bene se tanta solerzia informativa non servisse a distogliere l'attenzione del Paese dagli scandali che esplodono al Nord.

Ne è la riprova la sordina messa al caso Parmalat, una gigantesca operazione di razzia messa in atto con un giro vorticoso di affari illeciti e di società di facciata dentro e fuori i confini nazionali. Il tutto sulla pelle di migliaia di malcapitati risparmiatori. E ci si può ben immaginare cosa sarebbe accaduto se a fare andare in fumo i risparmi di mezza Italia fosse stato un imprenditore siciliano. Si può bene immaginare quanto clamore e proteste e anatemi si sarebbero levate al Nord, magari con richieste di valenti giuristi rivolte ad introdurre temporaneamente la pena di morte. E invece, chi ne parla più? Ogni tanto nei telegiornali appare qualche imputato responsabile di quel fallimento senza precedenti e poi torna nell'oblio. Roma ladrona? Certo. E Parma no? E che ne è di Consorte - Paperone di area diessina - passato come una meteora sulla grande stampa e che ora se ne parla come di un vecchio film visto in anni lontani? E, per quanto di portata minore, non ci si dimentichi della cosidetta "calciopoli". Dovrebbero, dunque, mettersi la maschera quei signori nordisti che hanno le mani in pasta, che manovrano capitali da vertigine facendo il bello e il cattivo tempo determinando le sorti dell'economia nazionale, mentre il Meridione continua a restare al traino di decisioni che vengono prese a Milano e dintorni. E dovrebbero vergognarsi quei sofoni della grande informazione che, non di rado, preferiscono omertosamente parlare d'altro.
Pippo Litrico (giornalista)

IL CASINO' IN SICILIA NON SI APRE PER MAFIA STATALE E ASCARISMO

Alcuni deputati nazionali, Enzo Bianco, Giovanni Burtone e Anna Finocchiaro fanno un appello ai Siciliani: "Votate i nostri emendamenti per difendere l'autonomia della Sicilia". I deputati in questione sono gli stessi che non hanno mai fatto rispettare lo Statuto di Autonomia della Sicilia svilendolo totalmente. Tutti i 43 articoli dello Statuto sono defunti pur essendo lo Statuto di Autonomia della Sicilia patto costituzionale tra l'Italia e la Sicilia. E' patto costituzionale con la legge costituzionale 26 febbraio 1948 n.2. I deputati nazionali siciliani, forse digiuni di diritto costituzionale, ignorano che nessuna clausola di tale accordo transativo e' modificabile senza il consenso delle parti (Stato italiano e Regione siciliana), perche' tutte furono sottoscritte come essenziali e tutte sono reciprocamente collegate mediante nessi indissolubili. Allora perche' tutta la classe politica siciliana ha permesso le assurde sentenze del 9 marzo 1957 n. 38 e del 15-22 gennaio 1970 n.6 "costituzionalmente illegittime" atte a demolire le rilevanti peculiarita' dello Statuto umiliando i Siciliani onesti? I deputati nazionali siciliani che parlano di "salvaguardia dell'Autonomia", forse si riferiscono alla Valle d'Aosta, perchè in Sicilia non si puo' aprire un casino', lo ha stabilito il prefetto "...sotto un profilo meramente giuridico, l'istituzione della casa da gioco in Sicilia puo' avvenire soltanto nel caso in cui venga emanato un provvedimento legislativo di tipo analogo a quelli che hanno permesso l'apertura delle case da gioco attualmente operanti in Italia". I deputati siciliani non conoscono le motivazioni, che sono quelle che il prefetto precisa con dovizia "...tali interventi normativi, hanno di volta in volta autorizzato il Ministro dell'Interno a consentire a taluni Comuni di esercitare - tramite concessionari - la specifica attivita' in parola, allo scopo pero' di addivenire al ripianamento dei deficit di bilancio dei Comuni interessati". Oltre a questa presa di posizione ILLEGALE (il prefetto in Sicilia e', in base allo Statuto di Autonomia, una presenza non contemplata), e la presa in giro dei deputati siciliani, L'on. Nino Strano ha precisato: "...la soluzione non e' dietro l'angolo, necessita un intervento legislativo del Parlamento nazionale".Ritornando a quello che ha sentenziato il prefetto,...mi risulta che diversi Comuni siciliani siano in deficit, ma non hanno mai ricevuto l'autorizzazione, pur avendola chiesta, all'apertura di un casino'. Tutto cio' alla faccia dell'art. 117 della Costituzione e dell'art. 14 dello Statuto Regionale in cui si legge, fra l'altro, che l'Assemblea regionale ha la legislazione esclusiva anche in materia di turismo. Infatti nessuna dialettica puo' porre seriamente in dubbio che l'apertura di un casino' rientri nella materia turistica demandata alla competenza dell'Assemblea regionale (de gustibus...). Attilio Castrogiovanni, Andrea Finocchiaro Aprile, Concetto Gallo, Antonino Varvaro, Francesco Restuccia ed altri "VERI PADRI DELL'AUTONOMIA" a loro soltanto si deve la conquista dello Statuto di Autonomia, loro hanno invitato fino all'ultimo le nuove generazioni dell'Isola a "combattere per la difesa di quel diritto senza il quale il popolo siciliano non avrebbe avuto nessun avvenire" e non credo che i deputati siciliani di oggi, abbiano combattuto e siano gli eredi di questi Grandi Uomini Siciliani.
Michele Musumeci
LO STATUTO SPECIALE DI AUTONOMIA E I CAMBIAMENTI ILLEGITTIMI
Spett.le CSSSS, negli statuti della Sardegna, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige è esplicito che per la modifica dello statuto c'è bisogno di una modifica costituzionale....fatto salvo il titolo che riguarda le entrate e il patrimonio dove il governo o addirittura il singolo parlamentare possono presentare modifica con legge ordinaria (sentite la Regione in questione). Per la Sicilia invece mi sembra di capire che tutti i titoli dello statuto per essere modificati richiedono una legge costituzionale. E' cosi? grazie
Fortunato Mior - prov. di Venezia

N.d.R.
La sua osservazione è esatta. L'Alta Corte e le sue competenze (artt. 24-30) è stata concepita e voluta come organo giurisdizionale costituzionale avente natura giuridica unita: statale-regionale. In tal modo alla Regione siciliana è stato attribuito un vero e proprio potere giurisdizionale, cioè sovrano. Anche alla Commissione paritetica, di cui all'art. 43 dello Statuto, è stato attribuito un potere analogo. In sostanza è stato istituito uno Stato Regionale come costituzione intermedia tra lo Stato centralizzatore e quello federale (non a caso si chiama Regione siciliana e non Regione Sicilia). La Sicilia nel 1946 pensò allo Stato federale, (ammiriamo la lungimiranza!) ma una classe politica asservita al dominatore di turno l'ha tradita. Per dirla col poeta Hamdis..."O Sicilia, o nobili città, vi ha tradite la sorte; voi foste propugnacolo contro popoli possenti" Reputerà il nuovo Presidente della Repubblica, che dovrebbe essere il naturale garante della Costituzione, d'intervenire presso gli altri organi dello Stato per invitarli a rispettare il patto nell'interesse medesimo dell'Italia? L'Assemblea Regionale sarà capace di ritrovare la dignità del suo ruolo istituzionale? Tragga le sue conclusioni carissimo sig. Fortunato.

Casa Trinakria: Lo spazio dei SICILIANI LIBERI


SPETTANO ALLA REGIONE SICILIANA LE IMPOSTE SUL REDDITO VERSATE DALLE IMPRESE CHE OPERANO IN SICILIA
E' stata approvata di recente da parte della Camera dei Deputati l'emendamento alla finanziaria presentato dall' on. Alfano e condiviso tanto dalla maggioranza che dall'opposizione. Se la memoria non m'inganna, lo Statuto di Autonomia della Regione Siciliana, LEGGE DELLO STATO, all'art. 37 stabilisce con molta chiarezza che per le IMPRESE INDUSTRIALI e COMMERCIALI, che hanno la sede centrale fuori del territorio siciliano, nell'accertamento dei redditi, "...venga determinata la quota del reddito da attribuire agli stabilimenti ed agli impianti medesimi...L'imposta relativa a detta quota compete alla Regione ed è riscossa dagli organi di riscossione della medesima". Non si tratta quindi di una benevola concessione, ma di un diritto calpestato da anni e finalmente riconosciuto. Lascio immaginare a voi lettori quanto ha perso la Sicilia in tutti questi anni in denaro e investimenti produttivi. Tutto questo senza che nessun deputato siciliano facesse valere i diritti di UN POPOLO, sanciti dalla costituzione e che non è stata mai applicata.
Riccardo Maugeri